Clack. Aprite la porta di casa. Tock, pof. Abbandonate le scarpe e calzate delle comode ciabatte per riposarvi dopo una giornata di lavoro massacrante. Vi abbandonate sui cuscini del divano, dove godrete della partita della vostra squadra preferita, vostro unico relax. Lo farete non appena il televisore si accenderà . Ancora un momento. Forse ora. Dannazione non funziona.
Il tempo in cui vi bastava scendere tra le vie della vostra città , entrare nel negozio di elettronica di Pino, ascoltare i suoi consigli per gli acquisti e caricare il televisore nuovo in macchina è finito. Oggi è tutto terribilmente più complesso (o semplice, è questione di punti di vista).
Dal divano di casa accendete il pc e aprite quarantaquattro schede di rivenditori diversi, confrontate i prezzi su Subito, leggete le recensioni degli utenti e, nel frattempo, inviate un messaggio WhatsApp al vostro amico più nerd. Diventate guru dell’audiovisivo e, dopo una manciata di minuti, sapreste elencare a memoria le differenze tra OLED, QLED, FullHD e 4K, indicando i pregi di possedere uno SmartTv e il suo impatto sui consumi energetici. Infine, ordinate il vostro nuovo apparecchio su Amazon, lo fate ritirare a IndaBox visto che non siete mai a casa, mettete un “Mi Piace†sulla pagina Facebook del produttore della vostra TV e scrivete una bella recensione.
Questo descritto qui sopra è, in soldoni, ciò che gli anglofili chiamano Digital Customer Journey: il percorso (nuovo) compiuto dal consumatore, che oggi si avvale di una miriade di strumenti digitali per portare a termine i propri acquisti, entrando in contatto con i brand in una molteplicità di momenti e di ambienti.
Nel corso degli ultimi anni una serie di studiosi e di istituzioni del mondo digitale si sono spesi per fotografare (o mappare) il Digital Customer Journey. L’analisi puntuale del DCJ, infatti, può aiutare l’azienda ad implementare efficacemente le proprie iniziative di marketing, generando maggiore redditività degli investimenti.
Nel 2014, Bart De Wale, CEO di Wijs, suddivideva il DCJ nelle fasi di Awareness, Consideration, Information, Decision, Use e Word of Mouth, dove il consiglio per i brand diventava quello di abbandonare la tentazione di “strillare†e di iniziare ad aiutare l’utente attraverso strategie di content marketing.
Il modello avanzato da Di Biasi (2016), poi, fotografava cinque distinte fasi (Awareness, Consideration, Purchase, Retention e Advocacy), relazionandole con le azioni di marketing che un brand può attuare per alimentare ciascuna di esse.
In questo contesto, anche noi di Polipy non potevamo fare mancare di fare ordine sul tema, delineando un modello per fasi. Nella fattispecie, all’interno di Polipy ritroverete:
- Listening, ossia una fase continuativa, finalizzata a conoscere ciò che gli utenti, all’interno del web, dicono del brand. Le attività di listening permettono di individuare gli utenti che hanno interesse nei confronti dei tuoi prodotti o servizi, conoscere i loro canali di comunicazione, studiare le loro interazioni e capire come si rapportano al tuo brand. Avete presente strumenti come BlogMeter? Tool di analisi come il semplice Analytics di Google? Professioni come il Social Media Analyst? Il tema dei Big Data. Ecco, tutto questo si colloca all’interno di questo punto di contatto tra consumatore e azienda, un punto di contatto che spesso è nascosto e difficile da individuare, ma che esiste e costituisce un indicatore di come la relazione tra brand/utente potrà configurarsi in futuro.
- Brand Awareness, una fase preliminare, che riguarda la riconoscibilità del brand. Le azioni a supporto della Brand Awareness mirano a generare un punto di contatto basico tra utente e azienda, tale per cui il primo riconosce (con gradi di intensità diversi) la seconda. Le azioni che è possibile attuare in questo ambito sono diverse: dall’implementazione di un sito web aziendale, all’accrescimento della fan base sui social.
- Engagement, la fase durante la quale si crea un’esperienza di interazione tra utente e brand. Tra di essi si generano legami, che possono avere natura razionale (mettete un like al post del produttore della vostra nuova TV, che ha appena pubblicato un video tutorial che me ve spiega le funzioni) o natura emotiva (mettete un like al post del produttore della vostra nuova TV, che pubblica le foto dell’evento di lancio della nuova generazione di televisori che soppianterà quello che avete appena acquistato).
- Conversion, il momento in cui gli utenti compiono azioni a favore del brand. Il punto di contatto tra consumatore e azienda può essere rappresentato da un acquisto sul sito (come quello che avete appena fatto con la vostra TV), dall’iscrizione ad una newsletter o da tutto ciò che trasforma un semplice utente in un utente affezionato.
- Loyalty, la fase in cui si stabilisce un legame duraturo tra utente e brand. La Loyalty definisce attitudini e sentimenti che rendono i consumatori inclini a vivere esperienze di brand ripetute nel tempo, come l’acquisto ripetuto di prodotti e servizi o la fruizione continuativa di contenuti.
- Advocacy, ovvero la fase in cui gli utenti divengono influencer o ambasciatori di marca, raccomandando il brand a terzi. Essa rappresenta l’atto di raccomandare e sostenere un brand attraverso il passaparola. Personaggi pubblici come Chiara Ferragni, Mariano Di Vaio, Frank Matano o Selvaggia Lucarelli celano spesso contenuti brandizzati tra le righe dei contenuti che scrivono o tra un frame e l’altro dei video che pubblicano.
Per ognuna di queste fasi, che sono sì da intendersi come un percorso a step ma che possono essere affrontate dall’azienda con approcci diversi, a seconda dei modi con i quali essa ambisce ad intercettare gli utenti nel loro percorso digitale, noi di Polipy abbiamo ideato la nostra personalissima mappa che, a differenza di molte altre, è mappa per davvero.
Benvenuti nella Digital City. Non vi resta che capire quale direzione prendere e a quale fermata scendere.