Morirono e furono sepolti. Il terzo giorno risuscitarono secondo le scritture.
- Semicit.
Va bene, non è andata proprio così e non vorremmo rasentare la blasfemia, eppure anche la parabola dei marketplace è fatta di morte e risurrezione: a testimoniarlo è, banalmente, questo articolo che, nel caso qualcuno di voi non se ne sia accorto, è ospitato all’interno di un marketplace. Mettetevi comodi dunque. Preparate un drink o dei popcorn, perché oggi vi raccontiamo la loro storia.
[Non sai cos’è un marketplace? Non sei il solo: ecco un suggerimento sul nostro Glossario]
Nel 1999 le persone si dividevano in due tipologie: chi credeva che il mondo sarebbe esploso e diventato una sorta di inferno delle macchine alla Horizon Zero Dawn a causa del Millennium Bug e chi invece credeva nell’onnipotenza del digitale. Mentre il primo gruppo si prodigava nel costruire bunker in cui essere al sicuro, il secondo gruppo dava vita ad una costellazione di “internet companyâ€, ovvero aziende il cui modello di business si fondava sul neonato (si fa per dire, visto che esisteva dal 1969) web.
Tra questi modelli di business, numerosi erano i marketplace: secondo l’Economist, nel 2000 erano già attive ben 750 piattaforme di questo tipo. Un anno più tardi, uno studioso del tema (Laseter) ne censiva addirittura 2.223. Chemdex, MetalSpectrum, GoFish, e-Fruit, E-Chemicals e molti altri dai nomi ancora più bizzarri erano i marketplace che popolavano il panorama digitale di allora, veri e propri pionieri che, soprattutto nel b2b, ambivano a mediare tra domanda e offerta di prodotti e servizi.
Purtroppo per loro, tuttavia, una ricetta vale ben poco se in cucina mancano le pentole. Applicato al nostro tema, significa che i marketplace di allora non potevano contare su tante delle possibilità che oggi diamo per scontate: internet accessibile a tutti e ovunque, connessioni iperveloci, assuefazione all’utilizzo delle piattaforme, sharing economy e pollice geneticamente più lungo per coprire meglio l’ampiezza di schermo dello smartphone.
Ecco dunque che anche per i marketplace si trattava solo questione di tempo: non tre brevi giorni (come Lui), sicuramente qualche anno in più, ma pur sempre tempo. Uber, Joebee, TaskHunter, Guide Me Right, Zopa, Etsy, Bjull, la lista delle piattaforme che spopolano oggi è chilometrica, al punto che AngeList (toh, è un marketplace) ne censisce ben 15.483 in tutto il mondo. Fattori di crisi per lo status quo, talvolta radicati in vuoti normativi allo scopo di rendere il lavoro più orizzontale e sempre più pervasivi, i marketplace hanno saputo far fronte allo scetticismo e risorgere quali modelli di business credibili.
Quale sarà il loro destino non è dato sapersi. Nel frattempo, ci auguriamo possiate godervi Polipy, che di questa storia è uno tra gli innumerevoli figli.