L’idea di apparire nei primi risultati naturali proposti in corrispondenza di determinate ricerche da un motore di ricerca importante come può essere Google ingolosisce da sempre molte persone. Come dare loro torto? Essere in quelle posizioni significa ottenere traffico gratuito per il proprio contenuto online e quando i click - o i tap - sono tanti, il vantaggio che si porta a casa può essere davvero notevole.
Per ottenere tutto ciò è nata un’intera industria di servizi di S.E.O. (Search Engine Optimization, in italiano ottimizzazione per i motori di ricerca) e Google si è trovata a dover proteggere l’utilità dei risultati proposti ai suoi utenti da chi ha spinto l’ottimizzazione all’estremo, arrivando sostanzialmente in molti casi a “barareâ€, sfruttando le falle degli algoritmi di Google per posizionare artificialmente dei contenuti magari meno meritevoli di altri: praticamente una partita a guardie e ladri o, se vogliamo, un assalto alla diligenza che va avanti da almeno 20 anni, in un continuo rincorrersi di aggiornamenti da parte di Google ed escamotage da parte da chi si occupa di SEO per portare a casa il risultato.
Google non è certo l’unica vittima di questo desiderio di trovare delle scorciatoie per il successo: prendiamo Instagram, ad esempio.
Sul “social delle immagini†avere tanti follower e like permette di essere considerati degli influencer e quindi arrivare a farsi pagare (anche tanto) per quello che si posta.
Come si dovrebbero ottenere follower e like? Postando contenuti interessanti, giusto? C’è invece chi è ben disposto a comprare questi apprezzamenti “un tanto al chiloâ€, ricorrendo a fornitori di follower e like finti sempre più spudorati: in Russia è addirittura apparso un distributore automatico dove basta inserire monete o banconote e voilà , il follower (o il like) è servito! Instagram chiaramente non resta a guardare, ma anche qui è una lotta continua.
Torniamo al mondo di Google, dove i fondamentali del posizionamento sono davvero semplici: per posizionarsi vanno prodotti contenuti ed ottenuti collegamenti.
Basta quindi produrre tanti contenuti e ottenere tanti collegamenti e - magia - si è primi sui motori?
Ad ascoltare le tante aziende che vendono servizi mirati, ovviamente la risposta è sì: i contenuti si producono a basso costo, i collegamenti si comprano di qua e di là e il risultato arriva. Il costo? Tipicamente poche centinaia di euro, in quello che di solito è un mordi e fuggi: quando i risultati poi non arrivano o peggio, si sono provocati dei danni all’azienda di turno che si è avvalsa di questi servizi, con il cerino in mano ci resta chi ha comprato.
Facciamo un esempio, prendiamo proprio il nostro caso. Quello che state leggendo è un “guest postâ€: significa che come Axura siamo ospiti nel blog di Polipy. Siamo su di un sito diverso dal nostro, quindi un link verso il nostro sito aziendale avrebbe valore agli occhi di Google, aiutandoci a posizionarci meglio, giusto?
È un concetto facile da capire, e ha portato molti a comprare dei guest post contenenti link e dall’altra parte molte aziende (tipicamente proprietari di più siti) a venderli.
Peccato non funzioni così: Google è molto attenta e nelle sue linee guida vieta espressamente i collegamenti non spontanei ed è di poche settimane fa un avviso specifico.
Beh, ma cosa può succedere a chi lo fa? Semplicemente vedere il proprio sito penalizzato, a volte anche molto pesantemente, arrivando ad una specie di “morte digitale†agli occhi di Google.
Per chi se lo stesse chiedendo: stiamo quindi rischiando con questo post? No, è sufficiente mettere i collegamenti verso eventuali propri siti con un attributo rel valorizzato a “nofollowâ€:  per chi vuole approfondire, la spiegazione tecnica la lasciamo a Google ;)
Google sul fronte posizionamento è molto chiara: ci chiede di fare degli sforzi in più, per produrre sempre contenuti di qualità , scritti da persone competenti e autorevoli, in grado di dare del valore a chi ne usufruisce e di ottenere naturalmente una certa risonanza (che si esprime anche attraverso la condivisione del contenuto ed il suo richiamo da altri punti della rete).
Nel 2017 Google ha ulteriormente alzato l’asticella, chiedendoci lo sforzo di offrire non solo contenuti ma anche vere e proprie esperienze ai nostri utenti.
Visitiamo ad esempio il minisito “Be Internet Awesomeâ€, realizzato proprio da Google. Ha l’obiettivo di aiutare i bambini ed i ragazzi ad avvicinarsi al potenziale di internet imparando a riconoscerne e per quanto possibile evitarne i rischi: il materiale è stato redatto da degli esperti del settore ed è stata creata un’esperienza interattiva, un mini videogioco fruibile direttamente tramite il browser in grado di aiutare i destinatari ad apprendere divertendosi.
Stiamo scrivendo di questo sito e lo stiamo linkando perché è una risorsa di valore, in grado di lasciare qualcosa a chi la visita: a chi cerca le basi per un buon posizionamento, eccole qui ;)
Lo sappiamo, abituarsi a produrre contenuti ed esperienze di qualità non è facile, costa: impegno mentale, tempo e risorse. Non è più l’investimento di qualche centinaio di euro al mese dati a una società esterna che “ci farà diventare primi sui motori†a suon di collegamenti comprati, ma diventa una scelta ben precisa che coinvolge tutta l’azienda e che per avere un buon esito richiede di individuare all’interno dell’impresa persone in grado di comprendere quello che stanno comprando, concordare i giusti KPI e di accompagnare il processo dall’interno, proteggendolo da eventuali derive e minacce (sia interne che esterne).
Per fare un paragone, è lo stesso tipo di impegno (il termine inglese “commitment†resta ancora più forte, evidenziano l’aspetto volitivo) necessario per mettere in sicurezza il patrimonio digitale delle aziende e rendere la sicurezza informatica un mattone “fondamentale†dell’impresa (e su questo fronte, in Italia, c’è davvero ancora molto da fare).
Portare nel DNA delle imprese queste attenzioni non è facile: vanno affrontati dei costi importanti ma sempre più irrinunciabili per fare business. Allo stesso tempo si aprono nuove opportunità di risparmio: ad esempio la spesa pubblicitaria in risorse digitali può essere molto più flessibile e granulare rispetto a quella tradizionale, assicurandoci consistenti risparmi o ancora, molti processi sono altamente automatizzabili, consentendoci di fare di più con minori risorse.
Da dove partire? Come iniziare questo percorso?
Lo scopriremo insieme nei prossimi post e per sapere quando usciranno basta seguire le presenze social di Polipy, LinkedIn, Facebook e YouTube: alla prossima!