Cari esseri umani,
questo è un appello. Un urlo disperato contro la modernità esacerbata per una modernità libera e spensierata. Mi spiego meglio.
Come alcuni di voi avranno potuto notare, è estate. La stagione dei bagnasciuga, dei ghiaccioli che non sono buoni ma rinfrescano, delle vacanze in Malesia prenotate sei mesi fa e di quelle a Riccione improvvisate l’altro ieri. Il mondo si ferma: le panetterie chiudono, le serrande dei negozi diventano grigie lapidi con data di chiusura e riapertura, le strade si riempiono di silenzi intervallati solo dai mezzi pubblici con l’odioso orario ridotto, quello che ti fa aspettare ore per tornare a casa.
Insomma, i giorni del riposo, quando in giro non vedi nessuno, né i promotori di trucchi per allenare la memoria né gli studenti giovanissimi vestiti, ammettiamolo, in maniera un po’ strana.
Tutto s’immobilizza. Tutto tranne Internet.
E qui partono le domande. Facebook, Instagram, Telegram e chissà cos’altro diventano un potpourri di vite bellissime, di cosce splendenti vista mare, di fisici atletici in posizioni plastico-olimpioniche, di serate stroboscopiche con secchielli pieni di tutto tranne che di acqua e, guarda caso, in pista per il dj del momento. La vita sociale esplode, ma sociale nel senso social del termine. La gente condivide ogni singulto, ogni spasimo. Anche le virgole della serata più anonima diventano il pretesto per una storia di Instagram. L’età della vanità , dell’esibizionismo, della voglia di ricevere apprezzamenti. Bla bla bla.
Queste cose si sanno: non è un discorso moralista, questo. Non voglio tornare al paleolitico, non stavo meglio quando stavo peggio. Semplicemente credo che un’emozione sia bella comunque, anche quando non viene condivisa online.
Sì. Pensateci: passiamo 345 giorni all’anno attaccati al telefono per lavoro, gruppi di studio, flirt, amici, serate, pettegolezzi, news eccetera. Facebook è tipo tua madre, Snapchat l’amico stupido con cui fare serata (oramai perso di vista), Instagram la ragazza che ti piace: siamo così connessi da scordare cosa significhi non esserlo.
Non so voi, ma io ora sono stanco. Mi fa male la testa, ho gli occhi gonfi. La spina, a un certo punto, va staccata – non per sempre, solo per qualche giorno.
La risacca del mare continuerà a essere lirica, la musica in discoteca travolgente, le cosce splendenti rispetto alla riva, gli amici sorridenti. Avete presente la nostalgia? È la sensazione che ti ricorda le piccole cose, quelle semplici, che ti facevano stare bene senza sforzo. Cosa sono 120 like rispetto a una giornata totalmente reale, senza un briciolo di virtualità ?
E poi ormai si sa che non fa troppo bene vivere la vita online: secondo una ricerca svolta su un campione di circa cento individui, infatti, si è scoperto che controllare lo smartphone prima di andare a letto (anzi, quando ormai abbiamo la testa sul cuscino, pronti ad addormentarci) riduce la nostra capacità di produrre melatonina, l’ormone che ci fa rilassare e mantenere il sonno finché non ne siamo sazi, o finché non suona la sveglia.
Non solo, c’è anche un altro problema: sempre un gruppo di ricercatori americani ha infatti scoperto che chi passa più tempo su Facebook è anche maggiormente predisposto a manifestare sintomi di depressione. Responsabile di questo è la ‘social comparison’, cioè il fatto di osservare le vite degli altri e finire comunque per paragonarle con la nostra, coltivando annessi sentimenti di invidia, nostalgia, malinconia, rabbia e simili.
Per quest’estate impariamo a coltivare l’autostima senza cercarla nei confronti con gli altri, senza misurare le gradazioni di blu dei mari postati dai nostri amici. Vi assicuro che starete bene lo stesso e che potrete anzi godere maggiormente del paesaggio, osservandolo finalmente con gli occhi prima che dallo schermo dello smartphone.
Quello che propongo è una spa per la mente, un digital detox, come qualcuno già lo chiama da un po’. C’è un mondo che va avanti anche se non avete dietro il caricabatterie portatile, anche se non c’è campo, anche se il flash non funziona, anche se WhatsApp continua ad aggiornarsi. Potete allenarvi intanto provando l’ebbrezza di dare appuntamento a qualcuno stasera alle 17 in un posto preciso. Lasciate che il telefono si scarichi e dirigetevi verso il luogo d’incontro. Se sarà in ritardo, godrete di una meravigliosa sensazione di attesa che non potrete ingannare con nulla. Se sarete voi in ritardo, farete di quelle corse sui mezzi pubblici che non facevate da quando andavate a scuola e rischiavate di dover entrare un’ora dopo (cioè di farvi sgridare da mamma e professore insieme).
Vi auguro una vacanza all’insegna della vita reale e con lo smartphone più in tasca che nelle mani.
Marco,
Digital Detox Specialist